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Nasreen

FRAILTY, Thy Name is Woman!

Nasreen's Blog.

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Il principe vampiro. Legame di sangue
Christine Feehan
Tutto Sherlock Holmes
Arthur Conan Doyle
Timeline. Ai confini del tempo
Michael Crichton, Paola Bertante
La signora della tentazione
Tina St. John, Lara Adrian
Nuova Terra. Gli occhi dell'erede
Dilhani Heemba
Inheritance: 4
Christopher Paolini
Io non sono Mara Dyer
Michelle Hodkin
Chaos  - Lauren Oliver Sarebbero state quattro stelline piene piene, senza dubbio.
Il romanzo è decisamente più cupo e avvincente per precedente e Lena è sicuramente cresciuta, maturata e più forte. Un personaggio davvero ben sviluppato.

Uno grande e fottutissimo problema? Il triangolo amoroso.

CHE PALLE!

Sono stata per tutto il romanzo con l'ansia e la speranza che Alex saltasse fuori dal cilindro, che tornasse da Lena o che si rincontrassero. O perfino sperato che si nascondesse fra le Iene, pur di raggiungere Lena.

Invece? Salta fuori preciso quando lei, nelle ultime 20 pagine prende un lungo respiro e, convinto che Alex sia morto, cede alla dolcezza di un altro ragazzo.

Ultima pagina: Alex torna. E' regolare! Ma ri-vaffanculo!
Hidden (La Casa della Notte, #10) - Elisa Villa, P.C. Cast, Kristin Cast Visti i commenti che circolavano, e il livello generale dei - dannati! - spoliers, credevo che questo romanzo sarebbe stato davvero, davvero una str...cavolata colossale.

Non che sia il libro rivelazione dell'anno, sia chiaro, sempre di una romanzo per giovani parliamo, ma rispetto agli altri è stato molto più intrigante. I personaggi stanno crescendo, si nota, e la varietà delle varie "voci narranti" danno una dinamicità alla storia che non permette il lettore di annoiarsi, mai.

Carino, davvero carino!
L'amore è un difetto meraviglioso - Michele Fiume, Graeme Simsion Non male, davvero.
Purtroppo però non ho sviluppato alcuna empatia con Don e le sue manie. Non perchè non apprezzi i comportamenti antisociali, le battute British o le sue insicurezze, sarebbe assurdo visto che adoro personaggi cerebrali e asociali come Sherlock Holmes, per fare un esempio.

Quello che non ho apprezzato veramente è stata la parte finale, quella in cui il caro Don, affetto da sindrome Asperger (che è una malattia, non una moda e neanche un cavolo di vezzo) prende l'improvvisa decisione di diventare "bravo" nei rapporti sociali.
Non è un interruttore! E' una sindrome, una malattia!

Non è che una persona malata di depressione o bipolarismo possa risolvere la questione solo accettando e riconoscendo l'esistenza del problema. E' un passo avanti, ovvio, ma non è la soluzione e sicuramente non avviene tutto con uno schiocco di dita. Soprattutto quando il comportamento antisociale e maniaco e radicato e ripetuto negli anni.

E' inammissibile che dopo 39 (!!!) anni un uomo, adulto, benché consapevole della propria situazione, possa risolvere il tutto in pochi giorni. Una rieducazione comportamentale in soggetti affetti da Asperger implica anni e anni di esercizi, soprattutto perché loro non si comportano in maniera antisociale consapevolmente e "per moda", ma semplicemente perchè il loro cervello è strutturato in maniera diversa, non è come imparare a recitare un copione e delle frasi in certe circostanze. Per loro certi comportamenti, che per noi sono moralmente inaccettabili, sono semplicemente ovvi, come chiedere il cibo quando si ha fame. Nessun bambino arriverà di botto a trattenere la fame fino a l'ora di cena, o a non chiedere cibo in chiesa la domenica duramente la Messa se nessuno gli spiega quando è accettabile mangiare, perchè deve aspettare la cena e in quali casi è bene tenersi lo stimolo e stare zitti.
Ci vogliono anni di insegnamenti!

E' davvero seccante leggere un romanzo promettente, magari incentrato sul concetto dell'accettazione, scivolare così.
Avrei più accettato un cammino comune fra i due, una volta che lei si fosse resa conto di amarlo anche per le sue manie, che vederlo apparentemente risolvere in quattro e quattro otto come un attoruccio di strada un bel problema come quello dell'Asperger.

Un romanzo nato per essere un romanzo leggero, va bene e lo accettiamo, ma allora sarebbe stato meglio non mettere in mezzo una patologia di questo tipo, perché a questo punto si necessita di un po' di coerenza.
Sogno Nero - Christine Feehan Tre stelle per rotta della cuffia.
Purtroppo non è un granché come romanzo, e me ne rammarico.
Superficiale, noioso (lo schema proposto è sempre lo stesso da circa 5 romanzi)e poco coinvolgente.

I personaggi non sono molto curati, neanche approfonditi e un Antico come Falcon meritava decisamente di essere tratteggiato meglio di come è stato fatto.

Idem per la sua compagna che è stata buttata là, nella storia, come una vittima di una persecuzione assolutamente poco credibile. Un vampiro antico ti da la caccia e tu, umana, te la cavi per 15 anni?
Vampiro che da del filo da torcere a un altro Antico, il Principe e il fratello? Ma stiamo scherzando? Dov'è la coerenza?

La storia del diario, arrivato attraverso di decenni a Sara è bello, affascinante e meritava di essere approfondito, magari con qualche pagina qua e la durante la narrazione delle vicende posteriori, dell'incontro vero e proprio fra Sara e Falcon.

E che dire di questo maschio che, benché più antico di tutti quelli conosciuti fino ad ora, sembra invece così rilassato, poco incline al possesso e la dominazione che eravamo abituati a leggere con gli altri maschi?

Non saprei, un romanzo che, molti se non tutti i punti di vista, si mostra come appena abbozzato, mal curato e poco approfondito.
Siamo stati abituati in maniera diversa da Christine Feehan che, per quanto ripetitiva e abitudinaria nella struttura delle trame, ha sempre comunque fornito uno ottimo spessore ai suoi romanzi.
Il principe vichingo (Viking, #2) - Heather Graham Io avrei continuato ad odiare Eric.
Non ha fatto nulla - nulla!- per meritare o conquistare l'amore della moglie.
Romanzo carino ma poco verosimile.
Garden. Il giardino alla fine del mondo - Emma Romero Per tutti coloro che si sono rallegrati del tanto atteso arrivo dei romanzi distopici in Italia, sarà sicuramente impossibile lasciarsi sfuggire uno dei primi libri di genere totalmente nostrani.
Garden. Il Giardino alla fine del Mondo di Emma Romero è, appunto, la nuova e prima uscita distopica della collana Chrysalide (Mondadori), arrivata nel mese di aprile nelle nostre librerie e che si è andata ad affiancare, sugli scaffali, accanto a titoli come Matched di Ally Condie (Fazi), Hunger Games di Suzanne Collins (Mondadori) e Divergent di Veronica Roth (DeAgostini).

Titolo affascinaste e mistero assoluto su questa autrice, che, come è stato più volte dichiarato, ha preferito adottare uno pseudonimo piuttosto che firmarsi col suo vero nome, hanno contribuito ad accrescere in maniera esponenziale l’attenzione dei lit-blogger e dei lettori.

Di Emma Romero non si sa molto, se non che è nata nel 1978, che è una grande appassionata dei romanzi di Philip K. Dick e dei film dell’orrore e che ha un cane di nome Kiwi che ama portare a spasso per le vie di Milano. Impossibile sapere altro se non che Garden, per quanto autoconclusivo, potrebbe essere in realtà accompagnato da un uno o due libri: in poche parole, potremmo essere di fronte a un’altra serie. Sospetto che sorgerà spontaneo al termine della lettura, dato che un seguito è praticamente doveroso per mantenere integro il valore di un romanzo come questo.
Andare per gradi è però d’obbligo. Di cosa parla Garden?

Le vicende di svolgono in un ipotetico futuro Rinascimento che vede l’Italia divisa in otto grandi terre, in cui gli scontri sono all’ordine del giorno. Il regno di Amor – se così vogliamo definirlo – in cui sembra regnare la pace assoluta è quello in cui vive la giovanissima Maite. Sedici anni, un fisico mingherlino e un po’ denutrito, un’acuta passione per la musica e un lavoro prettamente maschile impostale dall’Assegnazione.

“Un ammasso di automi, questo siamo diventati. Non credo fosse ciò che intendevano i nostri padri, quando dicevano che un giorno saremmo tornati grandi.”

Maite si impone di rispettare le regole, tutte, perché non rispettarle significa essere prelevati e terminati. Cancellati o uccisi possono essere varianti lessicali alternative, ma le persone non vogliono e non possono parlarne. In realtà non possono parlare di molto: tutta la loro esistenza è costantemente monitorata e diretta da una classe d’èlite che sembra giocare con le loro vite come un bambino con un mucchio di silenti soldatini. Neppure la musica è permessa, perché la musica, come dice la Costituzione, è caos e il caos porta alla degenerazione e alle guerre.

Il tasso di criminalità è ai minimi storici, ma tutte quelle persone che vengono prelevate – per aver commesso anche una minima infrazione – non rientrano nelle statistiche, anche perché a commettere quegli omicidi, che nessuno ha il coraggio di definire tali, è proprio il loro governo, su ordine del Presidente.
Ogni aspetto della loro esistenza è coordinato e regolato dal governo: cibo, acqua, lavoro, parole… pensieri. Perfino le sveglie e gli orologi sono sotto il dominio della classe dirigente, al punto che, una mattina, quella di Maite, non suona, lasciandola sognare il Giardino alla fine del mondo e portandola ad arrivare tardi al lavoro…

Il romanzo della Romero presenta tutti gli elementi principali di un buon distopico, nonché un ottimo pacchetto personaggi/trama. L’autrice scrive bene, ha infatti uno stile fluido e semplice che le permette di raggiungere immediatamente il lettore, fin dalle prime pagine in cui ci presenta Maite in tutta la sua silenziosa cocciutaggine.

Ci piace questa protagonista dalla forza interiore decisa, coraggiosa, ma anche fragile e timorosa di poter causare dolore alle persone intorno a lei. È interessante leggere del rapporto tra Maite e Luca, della giovane Erika e dell’amore incondizionato di Davide per la giovane fidanzata. Anche l’ambiguo figlio del Presidente, Einar, conquista l’interesse del lettore, addirittura più dello stesso Luca. Ma ci sono anche molti altri personaggi, con delle storie alle spalle, con caratteri differenti, ben assortiti e per niente scontati e che, purtroppo, non vengono trattati dall’autrice con la dovuta attenzione e accuratezza.
È questa la pecca più grande di Garden: la superficialità.

Un romanzo non deve essere necessariamente lungo, ma se si vuole creare un mondo nuovo, con regole e situazioni totalmente diverse da quelle reali o maggiormente conosciute, in questo caso lo scrittore deve approfondire, curare i particolari e tratteggiare con perizia quella scatola, quel palco, su cui vuol far muovere i suoi personaggi.

In Garden tutto questo non c’è. Le idee sono molte, la trama è interessante e accattivante, i personaggi anche, ma il tutto non viene sviluppato con il giusto equilibrio. Le azioni, gli eventi sono troppo veloci, i rapporti fra i personaggi poco approfonditi, il finale inconcludente. L’autrice afferma che Garden sia un romanzo autonclusivo, e che forse intende scrivere dei seguiti, ma così come stanno le cose appare chiaro che i seguiti dovranno esserci sicuramente. La struttura del libro è troppo simile a quella di un “prequel”, di un primo libro che un po’ zoppica, che racconta qualcosa ma troppo cela. Impossibile lasciare il potenziale di Garden non sfruttato, assolutamente improbabile.

Vista quindi in quest’ottica, il romanzo assume una nuova prospettiva, acquista valore e merita senza dubbio di essere letto, salvo valutare un ultimo particolare: dov’è l’Italia?
Se un romanzo, primo di un genere a sua volta poco sfruttato e conosciuto in Italia, viene ambientato in Italia, da una scrittrice italiana, ci si aspetta che il background venga descritto, curato e particolareggiato con attenzione e perizia. Speriamo davvero che sia il primo di una serie e che, nei prossimi, questi scivoloni da esordiente verranno sistemati.

Tony Tormenta

Tony Tormenta - Rosanna Rubino "A metà strada tra l’Huckleberry Finn di Twain e Il giovane Holden di Salinger, con personaggi che sembrano usciti dalla penna di Joe Lansdale o dello Stephen King di Stand by me, il romanzo d’esordio di questa nuova voce della narrativa italiana, Tony Tormenta, è un grande affresco sull’adolescenza.
Un registro che oscilla sempre tra il comico e il grottesco, una sapiente miscela di suspense e azione. Una macchina narrativa poderosa. Una scrittura ipnotica dà vita a un romanzo surreale e lacerante."

Quando si ha l’occasione di posare gli occhi su un romanzo d’esordio italiano, introdotto in questi termini, un lettore con un po’ di esperienza alle spalle finirà sempre con l’approcciarsi a esso con una sorta di timorosa anticipazione. Che sia solo il classico colpo di marketing che tende a infiocchettare con attraente carta luccicante un prodotto scadente? È possibile imbattersi in casi del genere ogni giorno, al punto che la diffidenza dilaga.

Tony Tormenta è invece una piacevole, sorprendente e inaspettata eccezione.
Risultato della penna della partenopea Rosanna Rubino, opera d’esordio e romanzo “controcorrente”, Tony Tormenta attira l’attenzione del lettore per il suo arrivo in sordina, lontano dalle luci della ribalta facebookiane, lontano dalle pagine web dei siti d’èlite e, soprattutto, accompagnato dalle parole di Raul Montanari che lo definisce come il frutto del famoso Philip K. Dick, reincarnatosi nell’implacabile e travolgente scrittura della Rubino. Di fronte a un invito, no, forse una provocazione, di questo livello, come è possibile non cedere?
Sicuramente Philip K. Dick non si sarà reincarnato nell’autrice, ma Montanari non si è allontanato molto dal concetto base: Rosanna Rubino sa scrivere, lo fa bene e Tony Tormenta è un romanzo pregevole, soprattutto se consideriamo che stiamo parlando di un’opera d’esordio.

Conosciamo Tony fin dalla primissima pagina e l’empatia è immediata, bastano le poche righe del prologo a catturare l’attenzione del lettore, anche quella del più sospettoso. Un ricordo, qualche parola e l’immenso acquario che viene incrinato dalla volontà di un bambino di soli nove anni. Incontriamo Tony Tormenta, invadiamo i suoi pensieri e comprendiamo che quel nome, di origini chiaramente italiane, porta con sé un destino.

Tony è oggi un adolescente, bello e inquietante. Vive nel Nebraska, un posto inospitale fatto di insetti, caldo torrido, piogge e immensi campi di granturco. Un posto troppo piccolo e soffocante per una persona come Tony. Un ragazzo in cerca di solitudine, silenzioso, con una mente speciale in grado di assimilare immediatamente informazioni e dalla logica fredda e pacata come uno specchio d’acqua. Immobile, certo, ma in grado di incresparsi al minimo tocco, sino a formare portentose onde. Uno tsunami di potenza che Tony tiene sotto controllo contando, sasso dopo sasso, piastrella dopo piastrella. Conta e la sua anima si acquieta, lo specchio d’acqua torna calmo e il pericolo passa. È questa la vita di Tony: conoscenza, isolamento, controllo e potere.

Lo specchio si infrange nuovamente quando nella vita di Tony arriva Marla. La difficile, irrequieta e spaventata Marla, ragazza dal carattere forte e dall’aspetto fragile di chi, tradito dai propri geni, si approccia al mondo con la consapevolezza dei suoi limiti.

“Due bambini infelici non potranno mai essere due adulti felici”

Marla e Tony condividono una mutazione genetica che si manifesta nella prima con l’albinismo e nel secondo con un potere telecinetico forte, instabile e spaventoso. Condividono l’esistenza di chi è diverso, sono legati e dal legame nasce un sentimento, che poco ha che vedere con la tenerezza. Forse è amore, forse istinto di protezione, forse non è nulla, ma il legame c’è.

Il romanzo s’impenna e, fra un pensiero di Tony e la triste rassegnazione di Marla per il suo futuro, accompagniamo il protagonista verso la consapevolezza, la presa di coscienza e la reazione, forte e violenta, della sua esistenza. Tony, dopo l’ennesimo atto di bullismo che gli porterà via Boa, il silenzioso lupo che lo affianca da anni, interrompe il silenzio, rompe la tacita promessa di non irrompere la vita degli altri con la sua presenza e si muove.


«Ehy, Mister Mammoth Rock, ce l’hai la lingua per parlare?»
Non dico una parola, continuo per la mia strada, ma i miei occhi parlano.
I miei occhi dicono: ‘Baciatemi le chiappe e recitate un Deo Gratias ogni mattina,
perché più io resto in silenzio,
più voi potete blaterale a gran voce pensando di essere i padroni del mondo’.

È dalla decisione di Tony di fare qualcosa che il romanzo scivola dalla prima parte alla seconda, ambientata nove anni dopo, dove incontriamo un Tony ventiseienne. Tony e Marla sono adulti, si sono persi e poi ritrovati, e il passato continua a pressarli inesorabilmente. È l’Alaska il nuovo palcoscenico delle loro esistenze, un palco fatto di perdizione, morte, oblio, malavita e rassegnazione. Con il cambio di scenario anche la scrittura della Rubino cambia: non ci sono più la rabbia e la frenetica ricerca del controllo che avevano animato la prima parte, c’è uno stile secco, freddo e deciso, specchio di ciò che è diventato, o forse è sempre stato, Tony. L’uomo di ghiaccio che tutti lo hanno sempre accusato di essere.

È un personaggio che vive il suo personale bad trip, che lo cerca e se ne abbevera, donna dopo donna. Un uomo che ricuce, cura e salva vite su compenso, che salva una vita solo perché lo hanno pagato, consapevole che durerà il tempo di sputare le risposte che altri cercano, per poi venir ucciso.
Ricorda quasi la freddezza di John Taylor di Nightside (Simon R. Green), come lo stile e l’ambientazione rievocano le fredde pennellate di Green, con le sue situazioni allucinanti, avvenimenti paradossali e frenetica follia, che si scontra con l’immobilità del personaggio principale, che si fa scivolare tutto addosso, con granitica indifferenza.

Ma sarà la terza e ultima parte che, con tutta la sua brevità, sconvolgerà il lettore lasciandolo a boccheggiare di fronte ad un finale giusto, ma ingiusto. Non poteva andare diversamente, a posteriori si comprende, ma non si accetta. Lascia con la frustrazione, l’ansia e quella punta di fastidio che ti pianta un romanzo nella mente per le ore a venire. Che trasforma un buon romanzo in un bel romanzo, in qualcosa di completo.

È così che l’opera della Rubino trova completezza, si risolve e ti lascia a fare i conti con gli strascichi di un libro che si può amare, o odiare, senza mezzi termini. Nessun compromesso, se non la consapevolezza che, ad ogni modo, la prosa dell’autrice è ben superiore a quel che ci possa aspettare da un normale esordiente. Come la sua opera è qualcosa di più di un semplice young adult, di un romanzo di formazione: è un esperimento coraggioso e assolutamente ben riuscito.

La casa della seta

La Casa della Seta - Anthony Horowitz, Manuela Faimali Ci sono alcuni romanzi contemporanei che tutti gli amanti delle opere del celebre Conan Doyle dovrebbero leggere. Non sono numerosi, né troppo voluminosi, ma sono romanzi speciali di cui lo stesso Doyle, ne siamo certi, sarebbe andato fiero. O forse no, dipende da quanto fosse geloso dello splendido personaggio da lui creato: Sherlock Holmes.
A distanza di quasi un secolo dalla nascita del detective più famoso della letteratura internazionale, approda nelle nostre librerie un’opera, firmata dallo sceneggiatore londinese Anthony Horowitz, attestata e riconosciuta nientepopodimeno che dagli eredi dello stesso Conan Doyle. Primo caso in cui, dalla morte dell’autore, 81 anni fa, gli eredi autorizzano uno dei tanti sequel che, fra libri, film e telefilm, hanno spopolato nell’ultimo secolo.
Di questo straordinario, sagace, incredibile e un po’ cinico detective si è raccontato un po’ di tutto, le penne che hanno cercato di tratteggiare una sua nuova “inedita” avventura sono state moltissime, forse troppe, al punto che in molti casi si sia finiti per snaturare l’essenza stessa del famosissimo Sherlock Homes e del suo fido compagno di indagini John Watson.
Delle più attuali opere legate alla figura di Holmes che hanno calcato l’onda della fama del detective ma che hanno cercato di mantenere una certa attitudine al canone Doyliano possiamo annoverare le opere di Andrew Lane, con i suoi libri sul giovane Holmes alle prese con la sua crescita e trasformazione da normale ragazzino benestante a sociopatico detective dalle mente strabiliante, e l’opera televisiva trasmessa dalla BBC “Sherlock”, che ci ripropone uno Sherlock Holmes moderno, ai nostri giorni, con cellulari, chimica moderna e computer, ma interpretato in maniera assolutamente affine all’originale, nonostante il cambio di background, da Benedict Cumberbatch.

Nonostante tutte queste opere si siano avvicinate, più o meno, al solo ed unico Sherlock, è nell’opera di Horowitz che, da fan accaniti, è possibile ritrovare la magia di uno stile assolutamente accattivante, elegante e fedele fin nei minimi particolari all’originale.
Con Anthony Horowitz potrete rivivere una delle magiche avventure di Holmes, ambientata nella Londra del 1890, attraverso un ipotetico ultimo romanzo di Watson che, ormai anziano e ad un anno dalla morte del detective, decide di narrare ai lettori un caso così complesso e scabroso che mai avrebbe potuto divulgare fino a quando l’amico fosse stato in vita.

La Casa della Seta inizia proprio così, con Watson che decide di raccontare di come, pochi anni dopo essersi sposato con la sua Mary, tornato in visita per alcuni giorni dal suo vecchio e più caro amico, si trova ad assistere alla richiesta di aiuto di un giovane mercante di opere d’arte che, perseguitato da un uomo dal volto sfregiato, chiede l’intervento del detective del 221B di Becker Street.

Sherlock e Watson, incuriositi dalla questione, inizieranno a indagare sulla faccenda e sul misterioso pedinatore, fino al punto di finire in un vortice di eventi che li trascineranno in una delle indagini più complesse e dure che entrambi abbiano mai affrontato.

Ci saranno pedinamenti, delitti, accuse e anche un’ipotetica impiccagione per omicidio a carico del nostro Sherlock che, però, grazie alla sua incredibile innata abilità nel ricostruire la verità, indizio dopo indizio, nonché la sua capacità nei travestimenti, riuscirà a scampare alla forca per poi arrivare finalmente a sbrigliare il fulcro della quella matassa di intrighi nel quale era finito.

Questa volta l’epilogo e la scoperta del colpevole segnerà in maniera profonda e probabilmente irreversibile il nostro detective, che, contrario forse al suo credo più assoluto, la Fredda Logica, cederà alla pericolosa passione della vendetta.
Uno dei casi più scandalosi di Sherlock Holmes, in una prospettiva che mai nessuno aveva potuto leggere. Un romanzo assolutamente da assaporare e che, inaspettatamente, in Italia, è stato catalogato come semplice “young adult”. Piuttosto improbabile, in questo romanzo Horowitz non ha scritto nulla di semplice.

Highlander. L'ultimo dei templari

Highlander. L'ultimo dei Templari - Karen Marie Moning Non male, peccato il finale: BANALE.
Quasi imbarazzante. Andiamo, si poteva osare... Sembra una fanfiction!

Young Sherlock Holmes - Ghiaccio sporco (Le gemme)

Ghiaccio Sporco  - Andrew Lane In occasione della Fiera dei Libri per Bambini edizione 2013, la casa editrice DeAgostini ha deciso di regalare ai suoi giovani lettori il terzo volume della bellissima e appassionante serie Young Sherlock Holmes.
Inoltre, per alcuni fortunati – e sì, noi di Sognando Leggendo siamo fra questi! -, l’autore e giornalista britannico Andrew Lane, conosciuto come Andy Lane, è stato invitato a Bologna proprio per presentare a noi lettori italiani questo terzo volume della serie che vede come protagonista uno dei personaggi più importanti e amati della narrativa internazionale: Sherlock Holmes.
Frutto dell’abile penna di Conan Doyle e riproposto da moltissimi autori successivi, come ben sappiamo, Andrew Lane si è cimentato nell’incredibile missione di creare un giovane, adolescente, Sherlock Homes senza uscire dal canon, ovvero senza distaccarsi dalle linee guida tracciate nei suoi romanzi, cenno dopo cenno, da Doyle stesso.
Nonostante molti critici britannici abbiamo criticato duramente il suo personaggio, come l’autore stesso ci ha confidato durante il nostro breve incontro a Bologna, perché troppo lontano dal cinico, cerebrale, impulsivo, sociopatico e adulto Holmes, è parere di molti che, invece, Lane sia stato in grado di ricreare perfettamente un ipotetico giovane Sherlock.
Con Ghiaccio Nero, le nostre supposizioni si sono nuovamente trasformate in certezza. Indagine dopo indagine, avventura dopo disavventura, è possibile scorgere dietro questo intelligente ragazzo dalla logica ancora grezza ma dal potenziale incredibile, l’uomo che diverrà, le persone che contribuiranno a plasmarlo e le esperienze che lo segneranno in maniera più o meno significativa.
Sherlock, dopo essere tornato dalla sua avventura americana, si ritroverà a dover incontrare, assieme al suo mentore Crowe, suo fratello in un circolo londinese. Purtroppo ad aprire la porta del salottino privato prenotato da Mycroft, sarà proprio il più grande dei fratelli Holmes, con un coltello insanguinato in mano e l’espressione confusa in volto.
L’arresto immediato e la possibile impiccagione del suo adorato fratello, spingerà Sherlock a buttarsi una rocambolesca indagine londinese che, fra bambini delle fogne, falchi assassini e armi misteriosamente scomparse lasciandosi alle spalle solo qualche goccia d’acqua, si rivelerà ben presto più complessa del previsto e, soprattutto, ben lontana dalla portata de giovane.
Fortunatamente ci saranno il paterno Amyus Crowe e il violinista Stone, conosciuto durante la traversata oceanica nel precedente “Fuoco Ribelle”, ad affiancare il giovane Sherlock Holmes in questa sua pericolosissima avventura che lo porterà nella gelida e pericolosissima Russia a caccia dell’organizzazione intenzionata a far fuori lui e suo fratello.
Anche in questo romanzo appare lampante come Sherlock stia lentamente affrontando quegli ovvi cambiamenti caratteriali che ritroveremo nella sua versione 2.0, ovvero il Detective che tutti noi conosciamo. Finalmente conosceremo il nome del suo mentore musicale, la storia dell’acquisto del suo amato e importantissimo violino, l’inizio del lento ma continuo congelamento delle emozioni del giovane per dare priorità assoluta alla logica, l’inizio dei piccoli problemi di fiducia verso il prossimo e le prime schermaglie con l’aspetto pianificatore del fratello maggiore. Tutti aspetti che vengono accennati, curati, tratteggiati e descritti con maestria e attenzione da Lane.
Nulla viene imposto al lettore come un dato di fatto, solo perché deve essere a quel modo. Tutto, nelle opere di Lane, porta la mente del lettore, amante delle opere di Doyle, a cogliere riferimenti, a fare congetture e verificare tesi. Mentre, per un lettore giovane, niente gli impedirà di amare alla follia una nuova avventura ben congeniata, descritta e curata nei minimi particolari.
L’unico personaggio che, per adesso, risulta difficile da inquadrare con quello descritto da Doyle, sembra essere proprio Mycroft, forse troppo affettuoso e espansivo nei confronti del fratello.
Come l’autore stesso, anche noi ci chiediamo il motivo dell’assurda traduzione del titolo, che da Black Ice (Ghiaccio Nero) si è magicamente trasformato in “Ghiaccio Sporco”, ma a parte questo, in definitiva questo terzo volume di Andrew Lane è sicuramente da leggere, assaporare e amare alla follia.

Le affinità alchemiche (Scrittori italiani e stranieri)

Le affinità alchemiche (Scrittori italiani e stranieri) - Gaia Coltorti

Nella vita di ogni lettore capita il momento in cui, leggendo la trama di una romanzo, si rende conto che – diavolo! – è proprio quello che stava cercando. Ritrovare, dopo anni, un autore in grado di gettarsi tra le fila di un argomento così controverso, oscuro e delicato come quello dell’incesto gemellare ti sorprende e ti affascina; come ad affascinarti è il tema trattato, fin dai tempi di Il Giardino di Cemento di Ian McEwan.
Potrebbero accusarti di leggere di argomenti scabrosi, ma quando si tratta di lettura non ti sei mai imposto censure e, quindi, apprendere che solo per quel giorno IBS.it rilascerà l’ebook del romanzo gratuitamente potrebbe sembrare un ulteriore segno del destino. Devi leggere quell’ebook, ne sei certo, quindi cliccare su download è praticamente automatico.
Ebbene, forse a volte il lettore dovrebbe riflettere un po’ di più, dare un po’ meno peso ai segni del destino e valutare con maggior attenzione quelli della vita reale, altrimenti chiamati marketing.
Dopo l’uscita, nel gennaio 2013, il romanzo è stato ceduto gratuitamente, per un giorno, agli iscritti di IBS… il che significa che disgraziatamente non ha venduto quanto pronosticato. A ragion veduta, purtroppo!
Le Affinità Alchemiche di Gaia Coltorti, primo romanzo della ventenne marchigiana, si ripromette di affrontare argomenti di grande impatto emotivo come quelli dell’incesto e dell’amore adolescenziale tra fratello e sorella, con l’ulteriore aggravante che, questi, sono addirittura gemelli. È un libro ambizioso e intenzionato ad arruffare le penne dei benpensanti italiani; peccato, però, che non sia all’altezza delle premesse.
Conosciamo Giovanni, ragazzo veronese dalla vita tranquilla fatta di scuola, nuoto, amici e quell’apatia tipica di molti giovani adolescenti. Nella sua grande casa vive unicamente con suo padre, separato dalla moglie da quando Giovanni era ancora in fasce. La madre, donna d’armi frivola e leziosa, aveva lasciato il marito portandosi via Selvaggia, la sorella gemella di Giovanni. I due ragazzi erano cresciuti separatamente, senza mai vedersi se non in foto, con un disinteresse generale da parte dei genitori a dir poco sconvolgente.
Perché questo taglio netto fra i due rami della famiglia? Perché tenere separati due bambini, fratelli gemelli? Questo non c’è dato saperlo, il fatto viene incollato là, su quelle pagine, e sembra dire: accettatelo, così stanno le cose. Superficiale.
Fatto sta che, improvvisamente, a causa di un trasferimento della madre, questa famiglia viene a riunirsi dopo 18 anni, a Verona. Il padre trasecola per un secondo e, come niente fosse, informa il figlio del ritorno della madre e della sorella gemella, come anche della sua intenzione di riprovarci con la ex moglie. Così assolutamente privo di logica che lascia praticamente di sasso. Perché? Ecco la domanda dell’intero libro. Perché si sono separati? Perché si riconciliano solo dopo diciotto (18!) anni? Perché questa madre non ha mai visto se non per un paio di sporadiche visite suo figlio? Perché questo padre, a sua volta, non ha mai fatto visita alla figlia? Perché, entrambi figli, in diciotto anni, non hanno espresso il loro disappunto? Perché non farlo ora?
In poche parole, come sembra chiaro dalla trama, il nucleo familiare si riunisce e questi due ragazzi, fratelli sconosciuti, gemelli separati, finiscono per rendersi conto che, diavolo, sono due anime affini e che si amano.
Per quanto l’argomento possa ricevere critiche, se trattato con la dovuta attenzione avrebbe potuto portare a risvolti assolutamente deliziosi da leggere, nonché ad una profondità contenutistica non indifferente.
Invece ci troviamo di fronte a una ragazzina viziata, dalla dubbia moralità, che da subito inizia a tiranneggiare il fratello, facendogli fare tutto quello che le passa per la testa, fra uno sbalzo d’umore e l’altro. La diffidenza iniziale che potrebbe esistere tra due fratelli, tenuti lontani per tutta la vita, che si ritrovano attratti l’uno dall’altra, non viene neanche presa in considerazione dall’autrice. Prima si baciano, si coccolano come fidanzatini in erba (e nessuno sembra trovarlo strano, in casa, fino a quando sarà evidentemente troppo tardi) e solo dopo si pongono qualche domanda che, però, ammorba solamente il lettore fra una turba mentale e l’altra di Giovanni, ma di fatto non li spinge nemmeno per un secondo a rivedere il loro comportamento.
Superficiale e capricciosa lei. Possessivo, zerbino e sottomesso lui. Una coppia potenzialmente perfetta, ma sicuramente interessante quanto un set di centrini da tè.
I genitori non sembrano esistere in quella famiglia, se non per essere tirati fuori nei momenti più propizi per creare la suspense della scoperta. Questi ragazzi se ne vanno in giro, stanno fuori la notte, tornano dopo uno o due giorni, vanno a zonzo per la città a fare i piccioncini (e nessuno che conosca Giovanni li ha mai beccati… improbabile, visto che parliamo di Verona e non di New York), litigano (e nessuno, nuovamente, che senta niente in casa), dormono ognuno nel letto dell’altro e i genitori aleggiano sullo sfondo come personaggi fastidiosi che a nulla servono se non a far ammattire i lettori con la passività del padre e l’invadenza ingiustificata della madre. Non abbiamo visto un tentativo costruttivo da parte di nessuno dei due di ricomporre la famiglia, di legare ognuno con il figlio perduto… Nulla.
A conti fatti, l’intero romanzo appare come un insieme di elementi buttati là, che fanno da contorno alla coppia ma che finiscono, però, per svilire ancora di più la coppia stessa. La quale, ammettiamolo, di spessore ne ha poco di per sé.
Probabilmente complice la giovanissima età dell’autrice, il romanzo sembra più un’opera redatta per colpire il collettivo, per far parlar di sé, piuttosto che diretto alla sensibilizzazione, o al semplice voler “narrare”. In aggiunta, a supportare quest’idea, sovviene lo stile, così pomposo, anacronistico e inopportunamente frammentato da dialetto e frasi scurrili, da risultare praticamente fastidioso al lettore.
Un moderno “Romeo e Giulietta”? Chiaramente è stato questo l’iniziale intento dell’autrice, ma, se di modernità desiderava vestire la sua storia, perché imbellettarla e caricarla di uno stile stridente con tutto il resto? Forse era alla ricerca di una delicatezza e di una grazia stilistica che avrebbero potuto arricchire il testo, ma per inesperienza l’autrice è riuscita solamente a cadere nell’errore tristemente comune secondo cui “barocco è bello”.
Senza contare il finale, che sembra incollato là come uno stop improvviso alla narrazione, e che abbrutisce e ridicolizza tutto il sentimento e la maturità che avremmo potuto trovare nel romanzo. Una fine che non ha niente di originale, che stride con i tempi che stiamo vivendo e con i personaggi stessi, soprattutto con la forte ed egoista Selvaggia. Perché non spingere la coppia alla fuga? Dopotutto oggi è una scelta fattibile quando entrambi sono benestanti, maggiorenni e indipendenti.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a un’opera che vorrebbe essere coraggiosa, ma che nasconde il possibile amore dei due fratelli dietro evidenti motivazioni quali “crescita difficile”, “famiglia trascurata” e “genitori deboli”, salvo poi non riuscire a portare avanti la sua stessa trama verso un possibile epilogo positivo. Dopotutto, la tragedia finale è sempre in grado di nascondere e ripulire le colpe di chiunque. Perché non approfittarne?
Anger - Isabel Abedi Curiosa, dopo aver amato alla follia Hunger Games, ho deciso di leggere Anger.

E' un peccato che, il libro, con HG non c'entri assolutamente niente! Ancora una volta la casa editrice, come altre prima, ha deciso di sfruttare la fama di un altro romanzo per attirare i lettori... C'è riuscita, almeno con me.

Fortuna vuole che Anger, sia un romanzo davvero bello!
Interessante, accattivante e misterioso, si fa leggere in una giornata. Complice anche il fatto che non si tratta di un libro molto corposo, purtroppo, meritava sinceramente qualche pagina in più di approfondimento.

Il rapporto fra i ragazzi sull'isola è interessante, poteva essere sfruttato maggiormente per creare suspanse, per confondere il lettore e colpirlo, poi, alla fine, con la verità sconvolgente che ci è stata comunque regalata.
Nulla da eccepire sul finale: sorprende e regala il brivido promesso.

L'autrice è molto brava, scrive in maniera delicata e piacevolmente incisiva.
Sicuramente un romanzo da leggere!
Uno splendido disastro - Jamie McGuire, Adria Tissoni 3 1/2 stelle.

Un romanzo che,all'inizio, ricorda in maniera un po' inquietante il fantomatico 3MSC (tre metri sopra il cielo) ma che, fortunatamente, dopo una sessantina di pagine, conquista una vita propria. Una splendida, romantica e un po' assurda vita propria.

Un bel romanzo, da leggere tutto in un fiato. Un successo da non lasciarsi scappare!
Gregor. La Prima Profezia  - Suzanne  Collins Gregor – La prima profezia è il primo romanzo della Underland Chronicles, serie composta da cinque libri per giovanissimi (+10 anni) e scritta dall’autrice dell’ormai famosissima serie Hunger Games, Suzanne Collins.
Rispetto alla serie Hunger Games, questa trilogia è stata scritta anteriormente (2003) e solo adesso, sulla scia della fama ottenuta anche con la riproduzione cinematografica, è stata riportata in Italia dalla Mondadori, dopo una prima incomprensibile disastrosa pubblicazione con la Sperling&Kupfer.
Nonostante sia diretta ad un pubblico innegabilmente più giovane, Suzanne Collins è riuscita comunque a ricavarne un ottimo inizio serie, avvincente e divertente, in grado di far passare un paio d’ore di assoluto relax anche ad un adulto amante degli urban fantasy. Potremmo dire che quest’autrice sia in grado di trarre un capolavoro anche da una lista della spesa!
Protagonista di questo romanzo è Gregor, giovane ragazzo newyorkese orfano di padre, che si ritrova a dover dare una mano alla madre durante le vacanze estive, accollandosi l’onere di occuparsi dell’anziana nonna e della sorellina di pochi anni, Boots.
Tralasciando per un attimo il grado di “adorabilità” assoluta di Boots, che conquista il lettore fin dalle primissime pagine con poche semplici parole farfugliate, quello che colpisce è il giovane Gregor che, fra un pensiero e l’altro, si prende comunque cura di nonna e sorella, occupandosi perfino dei lavori di casa, nonostante la calura estiva.
Quello che però il lettore non si aspetterà, sarà che un giorno, nel tentativo di evitare alla piccola Boots una brutta caduta in una grata della lavanderia, i nostri protagonisti finiranno per essere catturati da un vortice d’aria e trascinati giù. Esattamente, proprio “giù”, e risucchiati verso il centro della terra, nel Sottomondo.
Ci sarà un volo incredibile, in perfetto stile Alice in Wonderland, giù lungo il profondo buco della grata, fino a quando non atterreranno, fortunatamente incolumi, in un mondo nuovo, speciale, dove gli scarafaggi sono grandi come automobili, i pipistrelli sanno parlare e portano gli umani in groppa e i topi sono enormi, crudeli e abili assassini.
Ci saranno anche degli umani, una civiltà perfettamente evoluta, una principessa, un simpatico popolo cordiale e ospitale e, ovviamente, una profezia.
Lo stile della Collins è come sempre incalzante, semplice, intrigante e divertente. I personaggi sono tutti curati al massimo e, accidenti, perfino la piccola e praticamente ancora incapace di parlare Boots, riesce a farsi comprendere benissimo, con urli, pianti e divertentissime gag fra lei e le terribili creature del Sottomondo. E chi l’avrebbe mai detto che una bambina sarebbe finita in groppa ad uno scarafaggio gigante, tutta felice e contenta, a giocare a “trotta trotta cavallino”?
Anche il nostro eroe, Gregor, giungerà alla fine per arrendersi alla profezia che lo vede protagonista, anche se non lo fa trasformandosi in una specie di superman. È un ragazzo normale, che si preoccupa per la madre che non lo vedrà una volta tornata a casa e che si prende cura della sorellina con la stessa attenzione di una dolce nanny. Coraggioso, un po’ fifone all’inizio, ma determinato e testardo.
Un romanzo fantasioso, divertente, curato nei minimi particolari (i ragni giganti potevi risparmiarceli, però, argh!) e assolutamente avvincente. In perfetto stile Collins. Sicuramente da leggere, per chi ama questa autrice, il romanzo sarà certamente apprezzato anche dai più giovani, maschietti e femminucce. Un successo garantito!

La bella addormentata

La Bella Addormentata  - A.N. Roquelaure, Anne Rice Tre stelle? No, forse avrei dovuto metterne due. O forse quattro? Sono perplessa e un po' incapace di dare un ordine ai pensieri che mi ha suscitato questo romanzo.
Sono due ore che penso e ripenso a quanto romanzo e ancora non ho realmente capito se mi è piaciuto o se, semplicemente, ammiro che l'autrice abbia voluto (provato?) ad addentrarsi nella psiche del sesso BDSM, nello specifico della SUB.
Le scene di sesso sono schiette, forse un po' ripetitive, ma prive di inutili fronzoli. A volte sono irreali e dimostrano che, chiaramente, l'autrice ha scritto questo romanzo senza realmente pensare alle implicazioni concrete di ciò che stava scrivendo. Tanto per chiarezza, no, è impossibile far penetrare un uomo da UNA statua senza lubrificante o preparazione. A meno che tu non voglia ammazzarlo, in tal caso si prega di procedere pure. Tremo al pensiero di qualcuno che, spinta dall'onda del BOOM 50 Sfumature, tenti di emulare alcune scene di questo romanzo, c'è far spedire in ospedale un mucchio di gente. E altri in galera.
Le scene di sesso sono abbondanti ma a lungo andare sono noiose, aspettiamo l'evoluzione della trama, del rapporto con il Principe, con la Regina... con chiunque. Il problema è che Bella è un personaggio completamente introspettivo che non trova sfoci logici e concreti nella realtà. Almeno fino a quando non perde la testa e, in un certo senso, rifiuta l'offerta di "crescita" che avrebbe voluto imporle l'uomo che amava - che non è il Principe - attraverso il racconto del suo istruttivo passato (noioso anche quello)affinché la aiutasse ad accettare la sua situazione di slave.
Se da una parte la storia non cresce e non si evolve in maniera equilibrata, dall'altra, ci ritroviamo con un approfondimento della psiche dei Dom e Sub abbastanza approfondita, forse anche troppo. Non tutti lo capiranno, ma in questo la Rice è una vera regina.
Considerando "l'età" del romanzo, possiamo dire che la scelta dell'autrice è stata molto audace, interessante e incredibilmente ben curata. Forse più un romanzo scritto per "aprire una finestra" su un universo diverso che per eccitare, dopotutto stiamo parlando degli scorsi anni ottanta.
Anche l'idea di coinvolgere la figura della Bella Addormentata ha, credo, dei risvolti psicologici che vanno ad evidenziando come, Bella, dopo i primi giorni di sevizie (chiamiamole così, effettivamente manca il concetto di "accordo" fra le parti, elemento centrale ed essenziale del vero BDSM) sembra essersi piano piano arresa al suo destino piegandosi al desiderio di compiacere il suo Principe, si risveglia bruscamente e fa qualcosa. Un raptus immediato e apparentemente immotivato, un risveglio brusco.
Speriamo davvero che con il secondo romanzo l'autrice abbia trovato il giusto equilibrio tra azione, introspezione e trama sennò, purtroppo.
Odyssea: Oltre il varco incantato - Amabile Giusti Se non fosse stato per i riferimenti - troppi! - a Harry Potter avrei potuto dare un voto più alto, senza dubbio.

Amabile Giusti sa scrivere, ha uno stile pulito, dolce e ricco. I suoi personaggi sono interessanti e, senza dubbio, alcuni espedienti narrativi, come l'idea dell'allucinazione di Odyssea, le ha permesso di non scoprire troppo presto le sue carte, di farci dubitare di tutto e tutti, e di conquistare il lettore fino all'ultima parola.

La storia è interessante, niente di innovativo, ma sicuramente ben scritto e raccontato abbastanza bene da prendere anche una vecchia fan della Saga di Harry Potter come me. I riferimenti, come già detto, ci sono, ma sono gentili, impreziositi e non ostentati: possiamo sopportarli, dopotutto.

Il triangolo, perché, sì, c'è un triangolo, è ben gestito. Non è soffocante, non monopolizza la storia, ed è abbastanza rassicurante nel suo esistere, senza esserlo mai realmente. Sappiamo bene, o lo capiamo, quali siano i sentimenti di tutti, e quindi attendiamo con pacifica pazienza che lo capiscano anche loro, senza innervosirci troppo. Per una ormai allergica ai triangoli, è una lode assoluta all'autrice.

Il finale, in aggiunta, si è mostrato come stranamente "maturo". L'autrice non ha voluto fare "fan-service" a tutti i costi, sia ringraziato la Dea della Scrittura.
Ora, però, attendiamo con un po' troppa ansia il seguito: Amabile Giusti, quanto vorrai farci attendere?